lunedì 29 agosto 2011


"Penso poco alla morte perché non c’è granché da aggiungere a quel tema. Con lei credo d’aver già fatto i miei conti, non mi fa paura. Certo l’idea del suo inevitabile arrivo non mi rallegra, pensiamo tutti d’avere ancora molte cose da fare ed essere interrotti non fa piacere. Ma io non credo che questo sia il mio caso, non ho progetti per il futuro.

Invece ho ancora cose da fare, sentimenti e affetti da esprimere nel presente, conoscenza di me e del mondo da arricchire. Insomma condurre una buona vita finché durerà.

Sono circondato da molto amore e lo ricambio con pari intensità, ricambiare l’amore non costa fatica, anzi l’amore vero dà riposo e beatitudine.

La vecchiaia, almeno per quanto ne so io, è l’età in cui la quiete rappresenta un traguardo desiderato; anche un lusso.

Chi può concedersi la quiete gode di un privilegio che dipende un po’ dalla fortuna e un po’ dalla vita che ha condotto prima di arrivare a questa stagione.

Se è stata una vita piena, se hai potuto realizzare te stesso al meglio delle tue capacità, se hai conosciuto amore e dolore, se hai accettato i tuoi limiti ma hai utilizzato tutte le valenze vitali delle quali disponevi, se non hai prevaricato, se infine non sei stato avaro di te stesso; questo vuol dire aver fatto i conti con la morte."

Eugenio Scalfari, “L’uomo che non credeva in Dio”


1 commento:

syssy ha detto...

Ciao, bellissime riflessioni.Io x molto tempo ho lavorato con gli anziani, e ti posso assicurare che anche se ne hai coscenza la morte fa paura anche a novant'anni.Per come la penso non c'e nulla di piu' in'utile della morte, e' una grande ingiustizia!Ma e' solo il mio parere...Complimenti x il blog e i tuoi scritti.A presto Silvia